Bambine cristiane pachistane al lavoro in una fabbrica di mattoni nella periferia di Lahore
La Repubblica islamica del Pakistan nasce nel 1947, attraverso il processo di separazione dall'India conosciuto come la ''partizione''. Il Paese islamico conta più di 200milioni di abitanti ed è il quinto stato più popoloso al mondo con il 96% della popolazione di fede islamica e un 2% di fede induista e cristiana. La componente religiosa islamica è preponderante all'interno dello stato pakistano, tanto che le minoranze religiose sono vittime di una non celata discriminazione. Negli anni, il Paese asiatico ha affrontato diverse crisi istituzionali e anche una grave crisi economica ma il problema più rilevante che, da inizio anni 2000, la nazione si è trovata ad affrontare è il propagarsi dell'estremismo islamico. Prima con le formazioni talebane e poi con la penetrazione di cellule legate allo stato islamico.
Personaggi in prima fila nella difesa delle minoranze religiose e impegnati nella lotta al terrorismo, come Benazir Bhutto e Shabhaz Bhatti, negli anni sono stati assassinati, e dal 2001 al 2014 il Pakistan è stato il terzo Paese al mondo più colpito da azioni terroristiche con oltre 18mila vittime. L'ultima strage si è verificata la domenica di Pasqua del 27 marzo 2016 nel parco Gulshan e Iqbal Park di Lahore dove un Kamikaze imbottito di tritolo si è fatto esplodere in mezzo alle famiglie con l'obiettivo di uccidere il maggior numero possibile di cristiani. Il bilancio finale è stato di 60 morti e 350 feriti.
Nella sala della sua piccola abitazione, nella periferia del capoluogo della regione del Punjab, Lahore, è seduta Sonia Assif. Un'immagine di Cristo e una della Madonna sono appese su una parete della stanza e lei tiene in braccio la piccola figlia Sheeza e il figlio Sylvestre che ha 5 anni. La donna e i suoi due figli sono stati tra le vittime dell'attacco terroristico di Pasqua del 2016 ed è lei a raccontare le ore terribili che hanno vissuto al momento dell'attentato. «Mi ricordo un boato enorme e poi un lampo. E la gente che correva in ogni dove. Era sera e quando c'è stata l'esplosione è scoppiato l'inferno. C'erano tantissime famiglie e subito tutti hanno iniziato a correre. Mi ricordo il sangue, i corpi dilaniati e poi ero disperata perché non trovavo i più i miei figli». La donna incomincia a piangere, non trattiene la commozione pensando a quelle ore. I figli li avrebbe riabbracciati più tardi ma tutti e due i bambini erano rimasti feriti.
Ma c'è anche chi in quell'attentato un figlio l'ha perso per sempre. Questo è il dolore che il kamikaze ha inferto a James e Asia Paul, genitori di Noman Paul, di 19 anni, che si era recato al parco per trascorrere una domenica di festa con gli amici. I genitori continuano a sfogliare l'album di famiglia e ricercare nelle foto un sorriso di un figlio che l'odio del terrorista gli ha portato via. Poi, il padre, James racconta: «Lui era un figlio modello che voleva vivere in pace e quella domenica voleva ridere e scherzare con i suoi amici. La notte è venuta la polizia a dirci che lui era morto, non volevamo crederci, ma era così. Ora la mia casa, la mia vita, tutto è vuoto, c'è un vuoto incolmabile ovunque». E poi in conclusione aggiunge «Io non odio l'Islam, perché la fede islamica non c'entra nulla con il terrorismo, e anche molti musulmani erano al parco e sono morti e sono vittime quanto noi di questo odio. Io condanno il terrorismo . È lui il male, è lui la causa della morte di mio figlio. Noi, cristiani e musulmani insieme, dobbiamo combatterlo per evitare che altre madri piangano i propri figli».