Geopolitica, il "grande gioco" della Turchia, da una parte mediatore tra Russia e Ucraina e dall'altra aggressore del Kurdistan.
A seguito della crisi ucraina, una schizofrenia geopolitica ha investito il pianeta e oggi uno dei casi più eclatanti ed eloquenti di come l’architettura delle relazioni internazionali sia in balia degli eventi e di come nuovi attori cerchino di ritagliarsi un ruolo da protagonisti nello scenario mondiale che si sta ricostituendo è ‘’il grande gioco’’ che sta conducendo Ankara. La Turchia da un lato infatti si erge a moderatore e pacere tra Russia e Ucraina parallelamente però lancia offensive nel Kurdistan iracheno e occupa città nella annosa guerra contro le formazioni nazionaliste curde. Una mossa che ha generato un effetto a catena, infatti, all’ intervento dell’esercito della Sublime Porta ha fatto seguito l’azione delle forze regolari irachene che hanno avviato un’operazione speciale contro gli Yazidi; una minoranza considerata eretica dall’islam più radicale e che nel 2014 fu massacrata dallo Stato islamico. L’Onu definì il massacro degli Yazidi un genocidio a tutti gli effetti; più di 5000 furono le vittime, 3000 i dispersi e oltre 400’000 gli sfollati. Ora gli Yazidi temono che quanto avvenuto in passato possa ripetersi di nuovo per mano dell’esercito iracheno e con il placet della Turchia dal momento che l’obiettivo di Baghdad è di smantellare di tutte le milizie che non appartengono all’esercito federale, compresa quella delle Unità di resistenza del Sinjar (Ybs) composta dagli yazidi, vicina al PKK e per questo invisa a Erdogan. Nelle stesse ore in cui le truppe regolari hanno lanciato la loro offensiva contro le unità yazide, si viene a sapere, sorprendentemente, dal The Guardian, che un gruppo di avvocati britannici di alto livello ha lavorato alla raccolta di prove per dimostrare, prima volta nella storia, che più paesi hanno mancato ai loro obblighi internazionali nel prevenire il genocidio contro gli Yazidi nel nord dell'Iraq commesso a partire dal 2013. Secondo la Yazidi Justice Committee (YJC) potrebbero essere addirittura 10 le nazioni portate alla sbarra e, in caso di condanna, costrette a risarcire le vittime del genocidio. Un evento storico, meritevole di plauso e che instillerebbe fiducia nella lotta per il riconoscimento dei colpevoli e nel trionfo della giustizia se non fosse che; mentre si allestisce il processo per gli indifferenti e i complici del genocidio di ieri, nulla si fa per fermare i carnefici di oggi.