Il corridoio di Lachin ...
Il 12 dicembre centinaia di attivisti azeri hanno bloccato il corridoio di Lachin, l’unica arteria che mette in comunicazione il Nagorno Karabakh con l’Armenia impedendo in questo modo il transito di uomini, mezzi, viveri e medicinali. Oltre 120'000 cittadini armeni che vivono nella regione contesa del Caucaso meridionale, che quotidianamente importa 400 tonnellate di beni di prima necessità da Yerevan, da oltre un mese sono isolati dal resto del mondo: i mercati e i negozi sono vuoti, le merci mancano, le scuole sono chiuse, gli ospedali funzionano con difficoltà, e pure il trasferimento degli ammalati in terapia intensiva in Armenia viene impedito e già si annovera la prima vittima a causa del blocco stradale. Quanto sta avvenendo in queste ore nel Caucaso meridionale è una nuova fase del conflitto che contrappone la popolazione armena che vive nel territorio dell’ autoproclamata Repubblica dell’Artsakh con il governo di Baku. Dopo la guerra scoppiata negli anni ’90 e terminata con la vittoria delle truppe armene che hanno poi proclamato la nascita della Repubblica dell’Artsakh, non riconosciuta ad oggi da alcuno stato al mondo, a settembre del 2020 un nuovo conflitto ha infiammato la regione. Le forze di Baku hanno aggredito il territorio armeno e dopo 44 giorni di scontri costati la vita a 7'000 persone e lo sfollamento di 100'000 civili si è arrivati a un cessate il fuoco firmato da Armenia, Azerbaijan e Russia. Dal 9 novembre 2020 ad oggi molteplici sono state le violazioni della tregua e inoltre numerose sono state le interruzioni delle forniture di elettricità, gas e acqua potabile al territorio armeno, ma quanto sta avvenendo ora, con la presa in ostaggio di 120'000 civili, non si era mai verificato e porta lo scontro a un livello ancora più alto e senza precedenti. Secondo stampa e governo azero i cittadini azerbaigiani starebbero manifestando a difesa dell’ambiente e contro le attività estrattive nella regione ma le prove presentate dai difensori dei diritti umani dell’Armenia e dell’Artsakh rivelano invece che tra i manifestanti ci sono diversi uomini appartenenti alle forze di sicurezza di Baku e a conferma di ciò anche numerosi video che ritraggono i dimostranti intonare canti nazionalistici e inneggiare ai Lupi Grigi, l’organizzazione di estrema destra turca di cui faceva parte Ali Agca, l’attentatore di Giovanni Paolo II. Onu e Parlamento europeo hanno lanciato appelli per scongiurare l’imminente crisi e il Segretario di stato americano Anthony Blinken ha chiesto al presidente azero Ilham Aliyev l’immediata riapertura del corridoio di Lachin. Il governo azerbaigiano però non ha mostrato alcuna volontà di porre fine all’assedio e il rischio, ogni giorno sempre più concreto, è che il popolo armeno dell’Artsakh sia condannato a un dramma umanitario dai connotati di una pulizia etnica.