Scorcio del vulcano Nyragongo nel Parco del Virunga nella Rep. Dem. del Congo
Ndakasi, era questo il nome della gorilla di montagna diventata celebre nel 2019 a livello mondiale, dopo aver posato per un selfie con i ranger del Parco del Virunga nella Repubblica Democratica del Congo. La gorilla, icona del Parco ma anche della lotta per la salvaguardia delle specie animali in via d'estinzione, è morta la scorsa settimana tra le braccia di uno dei ranger che l'ha salvata da piccola dopo che i bracconieri avevano ucciso i suoi genitori.
La morte del primate, oltre ad essere un enorme perdita perché i gorilla di montagna sono una delle specie a rischio estinzione, riaccende i riflettori su un dramma che continua a consumarsi nel Paese africano: il bracconaggio.
L'ex colonia belga ospita un patrimonio faunistico unico a livello planetario ma le attività dei bracconieri, spesso membri delle oltre cento milizie che infestano le regioni orientali della nazione africana, stanno mettendo a rischio l'esistenza di alcuni animali come gorilla di montagna, pachidermi e rinoceronti.
Alcuni animali, come gli elefanti, vengono cacciati per rivendere l'avorio delle loro zanne. Altri per le preziose pelli e altri ancora per alimentare il mercato della medicina olistica orientale che propone cure a malattie e disfunzioni del corpo attraverso intrugli realizzati con parti anatomiche degli animali africani.
Ma il bracconaggio è anche rivelatore di altri drammi dell'ex colonia belga. Attraverso i proventi della caccia illegale infatti formazioni islamiste e signori della guerra finanziano le loro ribellioni e inoltre la distruzione dell'ecosistema locale, oltre ad essere una perdita incommensurabile per quel che riguarda il patrimonio naturale a livello planetario, è anche la prima causa della diffusione di epidemie e zoonosi. E adesso in Congo, oltre a casi di ebola e al diffondersi del coronavirus si registrano anche focolai di morbillo, meningite e pure peste.